Un anno da dimenticare. Fin qui, il 2014, per Christian Tiboni, è stato un disastro. Non solo dal punto di vista sportivo, vista la retrocessione della Pergolettese, sua ultima squadra, ma soprattutto perché finito su tutti i giornali per una storiaccia che avrebbe visto coinvolta una escort. E, come se non bastasse, per aver rischiato di essere picchiato da alcuni tifosi. TuttoLegaPro.com ha voluto intervistare in esclusiva l'attaccante classe '88, ex tra le altre di Atalanta, Udinese e Sassuolo, per fare chiarezza su tutti questi punti.
Questa annata sarà ricordata anche per il "Caso Tiboni" (Leggi QUI). Non proprio un ottimo biglietto da visita...
"Sono stato fatto passare per carnefice e invece ero la vittima di questa assurda situazione. In pratica delle notizie diffuse su tutti i giornali l'unica cosa vera è che la vicenda è accaduta in casa mia. E' stato scritto che avevo avuto un rapporto con questa ragazza e non è vero. E' stato scritto che mi aveva chiesto dei soldi e non è vero. E' stato scritto che i vicini avevano chiamato i carabinieri e invece li ho contattati io. E' stato scritto che ci eravamo conosciuti in discoteca e non è vero. La ragazza è stata etichettata come escort e su questo ho forti dubbi: non esistono attestati per dire che quella sia la sua professione, non stiamo parlando di un medico.
La notizia, per come è uscita fuori, era infondata, i giornali hanno creduto a una versione falsissima. E' uno schifo che i cronisti abbiano riportato le parole di una delinquente, evasa dai domiciliari, facendomi passare per mostro (la ragazza è stata condannata a 18 mesi NdR). E' una cosa vergognosa che mi ha creato un danno d'immagine incredibile. La prima nel torto è la giustizia italiana perché una ai domiciliari non può stare da un paninaro alle 4 di mattina, dove l'ho conosciuta io".
Spiegaci nel dettaglio come sono andati i fatti...
"Lei doveva vedere un suo amico a Crema, io le ho dato un passaggio. Non era ubriaca né altro. Il ragazzo non si faceva vedere, per non lasciarla fuori ad aspettare le ho detto di salire un attimo, magari per farsi prendere da qualcun altro. Lei è venuta in casa mia e dopo un quarto d'ora mi sono ritrovato a dover chiamare le forze dell'ordine, perché mi stava distruggendo casa. Mi ha anche aggredito, avevo sangue al naso. Lei era impazzita. Dicono che l'abbia chiusa in casa. E' vero, ma semplicemente perché i carabinieri non avevano capito da dove entrare, visto che stavo in un palazzo con numerosi ingressi: son dovuto scendere a guidarli. Appena l'hanno vista mi hanno detto di andare in un'altra stanza perché lei inveiva contro di me e non sarebbero riusciti a portarla via. Sono andato in camera da letto e ho visto la stanza sottosopra con tutti i cassetti aperti. Aveva provato a rubare i miei preziosi, addirittura si era portata via la carta d'identità. I carabinieri ci hanno messo mezz'ora a portarla via, ho saputo che li ha anche aggrediti in Questura provando riti voodoo nei confronti del giudice.
Questa ragazza era ai domiciliari per rapina impropria, cioè attirava persone per derubarle. Quello che ha fatto con me. Addirittura la mia carta d'identità ce l'aveva lei, la Questura gliel'aveva ritrovata addosso".
La Pergolettese non l'ha presa affatto bene, tanto che sei finito fuori rosa...
"Ho sbagliato a trovarmi in giro a quell'ora, ho chiesto subito scusa per questo e mi sono assunto le mie responsabilità. Ma la vicenda è stata gestita male dalla società: dicevano che siamo retrocessi perché c'era gente che andava a puttane. Non ci stavo a subire ripicche per un piccolo sbaglio. Mi è stato chiesto di ridare indietro una parte del mio stipendio per poter continuare a giocare. Mi son sentito preso in giro perché ho capito che per loro non era un problema di comportamento ma un fattore economico. Mi hanno chiesto molti soldi per rientrare e non ho accettato. In pratica la metà di quanto avrei dovuto prendere nei mesi con loro.
Mi è stato detto che avevo causato danni all'immagine della società. I danni in realtà li ho subiti io, la faccia e il nome sui giornali di tutta Italia erano i miei. Loro in realtà speravano di guadagnarci, non gli fregava nulla del mio comportamento. Hanno voluto prender posizione davanti ai quattro tifosi che ci sono, mostrando di avere il pugno duro. Ma se avessi pagato sarei tornato a giocare. Non è un controsenso? Come l'avrebbero spiegato?
C'era una mentalità da dilettanti e infatti siamo retrocessi. Potevano benissimo chiedere semplicemente una multa al Collegio arbitrale e continuare a farmi giocare. Io non sono stato squalificato, ero disponibile. Invece mi hanno messo fuori per un mese. Non è che se uno esce il mercoledì mattina non può dare una mano ai compagni la domenica. E poi sono i primi a parlare ma...".
Ma?
"Secondo il regolamento interno dovevo trovarmi a casa a mezzanotte, ma lo sanno anche loro che ogni tanto bisogna staccare durante la settimana. Ho saputo che nei primi periodi era la stessa società a portarli a cena in un ristorante che poi diventava discoteca. Ribadisco che ho sbagliato a stare in giro a tarda ora ma ripeto che non sono l'unico a far così. Non credo che la retrocessione sia dovuta dal fatto che i giocatori uscissero durante la settimana, anzi. La squadra si può cementare anche stando fuori dal campo, alla Pergo non c'era gruppo. Al Sassuolo, ad esempio, c'era una società solida che aveva costruito un'ottima squadra con tanti esperti della categoria. Ogni tanto uscivamo e andavamo a farci un giro. Allegri non faceva il sergente, capiva i giocatori. Come i migliori allenatori: tante regole e regolette di comportamento non servono a niente, un mister bravo sa parlare a quattr'occhi con i suoi giocatori. Lui giudicava la prestazione sul campo, non gli fregava sapere cosa facessi il mercoledì sera".
E' notizia di questi giorni la rescissione con il club lombardo...
"E' accaduto tutto settimana scorsa. Eravamo in causa, la prossima sentenza era fissata al 20 giugno. Il Collegio arbitrale avrebbe deciso l'importo della multa da pagare. Ma a me non andava star lì ad andare a svolgere allenamenti a vuoto, dopo quelli con la Berretti durante il finale di stagione, il lunedi, sopportando poi offese varie. Ho sopportato tutto in silenzio perché, con tutto il rispetto, sono stato in piazze molto più calde e difficili".
A proposito di fine stagione, hai rischiato molto grosso dopo la retrocessione...
"Non ho paura di Crema o della sua gente ma se al ritorno da una trasferta 15 tifosi salgono sul bus con le spranghe per picchiare me e Jeda non è una situazione normale. Ero stato convocato contro il Renate, sapevo che mi avrebbero mandato per ripicca in tribuna. Io ci sono andato senza creare problemi. Al ritorno al centro sportivo sono usciti questi che prima hanno rovinato il pullman e poi sono saliti sopra. Per fortuna gli altri compagni li hanno bloccati e le forze dell'ordine li hanno calmati. Basta una sprangata in faccia per rovinarti la vita. Mi domando ancora come abbiano fatto a trovarsi lì queste persone...".
A parte questo come giudichi l'annata sportiva dei gialloblù?
"Quest'esperienza non mi è piaciuta. La squadra faceva fatica a far punti nonostante a gennaio la società avesse preso 3-4 giocatori di maggior esperienza. Sono arrivato quando già c'era Giunta. C'era una buona struttura, dei bei campi dove allenarci, una dirigenza che ti stava vicino. Però la squadra faceva nettamente fatica contro tutte le avversarie. Poi è arrivato quel fatto tanto chiacchierato e la mia stagione si è conclusa là.
Di positivo c'è la mia amicizia con Jeda, abbiamo stretto molto. Tengo a precisare che quella disgraziatissima sera lui non era con me e non è coinvolto in nessun modo. Senza di lui mi sarei trovato ancora peggio in quello spogliatoio".
Aspettative per il prossimo anno?
"Voglio andare all'estero perché in Italia il calcio sta finendo, a livello economico, organizzativo e qualitativo. Preferisco trovare qualcosa fuori da questo Paese perché ormai è invivibile. Non si respira più, in pratica vai in giro con le manette perché non sei libero di fare niente".
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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