Sono stati due giorni densi di spunti di riflessione. L'apertura con l'Inter che patisce i freddi d'inverno con una coperta troppo corta per l'alta quota, o quanto meno per non andare in ipotermia da brame di gloria senza cadere. Fa bene Antonio Conte a chiedere, gli servono quantità e qualità. Fanno bene Marotta e Ausilio a non spendere tanto per, ma a ponderare. Farà bene Zhang a provarci. Dall'altra parte la Roma che non sarà da Scudetto ma che è un'idea e un progetto, Fonseca un tecnico capace di coinvolgere tutti e una bella storia da vedere, in continua evoluzione. Ieri, poi, il Napoli. Che è l'eclissi di un sogno, nella bella intervista di Allegri al Corriere della Sera c'è un passaggio che De Laurentiis in sede di programmazione, con Ancelotti, deve aver sottovalutato. La cessione di Albiol. La difesa traballa e quando mancano le fondamenta del gioco, a volte crolla anche tutto il castello. La toppa che gli azzurri stanno provando a mettere al buco della polveriera dello spogliatoio è disarmante, il distacco dai primi posti che pure ora tirano le briglie aumenta o non s'accorcia.
Ieri anche la Juventus. Il segnale più preoccupante di questa due giorni che è un Bignami della primavera di questo campionato è una squadra sparita all'uscita di Rodrigo Bentancur. E la Juventus, pluricampione e poi finalista di Champions, non può permettersi di svanire all'infortunio di un giocatore pur talentuoso ma non certo centro gravitazionale. E' la prima sconfitta di Sarri ma c'è di più, nel tonfo di Roma contro la Lazio. Perché se contro l'Atletico Madrid sembrava la scintilla di una nuova storia, la prima vera Juve del tecnico toscano, forse era solo un'illusione. O forse Sarri deve avere uomini che capiscano al meglio le sue idee, il suo gioco, per funzionare. Si è adattato agli effettivi, è vero, ma non tutti riescono a fare viceversa. Bernardeschi, che ha colpi e talento, è da troppo tempo pesce fuor d'acqua. E' un caso innegabile come lo stava diventando Cristiano Ronaldo fino al gol ritrovato quasi cinquanta giorni dopo su azioni, come sarebbe stato senza di quello per come è andata la sua partita. Non sta bene ma quello degli ultimi stralci non può essere il migliore dell'ultima Serie A, arrabbiato perché senza Pallone d'Oro. Non ne è l'ombra e un'involuzione non può essere uno strapiombo del genere.
In queste storie c'è anche la Lazio. Che è alla settima vittoria di fila, che vive in una nuvola, e che ricorda per molti tratti quei cicli alla fine che però per un sussulto d'orgoglio, di gloria e di rabbia, hanno un picco finale. Sembra l'ultimo Tottenham, prima del naufragio di questa stagione. Luis Alberto è il miglior Luis Alberto mai visto e così via, da Immobile a Milinkovic-Savic, da Correa a Luiz Felipe, da Strakosha ad Acerbi. Non sarà un Leicester, forse, perché Inter e Juventus hanno qualcosa di più anche in ottica lungo percorso. Però è il Napoli la prima che deve temerla, quando le nevi si scioglieranno. Perché se continua così, la formazione di Inzaghi è destinata a tornare in Champions e, viceversa, non lo farà quella di Ancelotti. La cui storia è al capolinea, così come un progetto che non è finito troppo tardi. Infine l'Atalanta. In Europa si gioca ben più che un sogno, ma non chiamatelo miracolo. Perché è un progetto costruito con raziocinio da Percassi, Gasperini, Sartori. Tra spade e fiori, stimolati l'uno dall'altro. Una piazza che vuol toccare con mano qualcosa di mai visto prima. L'augurio è che sia una settimana di gloria per tutti. Di dolci risvegli. Anche dagli incubi di questa due giorni.
Autore: Redazione TA
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