L’Inter ha vinto lo scudetto. È possibile che ve ne siate accorti. Inutile star lì a raccontare la rava e la fava, ma una paio di cose ve le diciamo. A proposito di Simone Inzaghi, per esempio. A un certo punto della stagione 22/23 il piacentino è un allenatore fottuto. Senza speranza. Silurato. Andato. Scaduto & scadente. Media e critica lo trattano come una pezza da piedi. Qua e là si leggono cose come “Per salvarsi non gli basterebbe neppure arrivare in finale di Champions”.
Poco più di un anno dopo parliamo di stelle, scudetti, sontuose celebrazioni. E Inzaghi – demone adoratissimo - è là, seduto sul trono. Del resto stiamo parlando del tecnico capace di mettere “su prato” la miglior difesa della Serie A, il miglior attacco, figuriamoci la differenza reti. È lui che ha trasformato i difensori in attaccanti e viceversa; è lui che ha sviluppato ‘sto gioco verticalissimo e imprevedibile (qualcuno lo definiva “contropiede”, pensa te); è lui che ha portato tutta una serie di ottimi giocatori a rendere persino oltre le loro capacità.
Ecco, la forza di questo gruppo è certamente espressione di un lavoro lungo e centratissimo, ma anche di quella cosa che conta più della tecnica e degli schemi e si chiama “unità d’intenti”: tutti hanno fatto la loro parte, dal Toro argentino all’ultimo degli aggregati. E tutti si sono tappati il naso per una panchina di troppo o una giornata storta. E questa cosa succede quando a monte c’è chi riesce a dare serenità in nome “dell’obiettivo da raggiungere”.
E pensiamo a Beppe Marotta e Piero Ausilio. Due che meriterebbero la laurea Honoris Causa in economia del pallone. Ok, la melassa è tanta, forse troppa, ma non abbiamo ancora finito. Ci si consenta un’ultima osservazione, rivolta ancora a Inzaghi: ha vinto senza sbraitare, senza mettere se stesso davanti agli altri, ha vinto con le idee, la pazienza e la buona educazione. E quest’ultima di sicuro non porta punti, ma ti spedisce diritto fino alle stelle.
Una cosa sul mercato: Piero Ausilio l’altra sera ha chiarito che non sarà una sessione di “compra-vendi” esagerata. Anzi. È possibile che il mercato con Zielinski e Taremi “sià già finito”. Non sarà esattamente così, ché tocca capire che genere di offerte arriveranno in viale della Liberazione per questo o quello, ma la certezza è che si cercherà di portare avanti in blocco il gruppo dei bi-stellati. Ed è giusto così.
E ora il Milan. Il derby dell’altra sera ha virtualmente chiuso la stagione del Diavolo. Si tratta solo di evitare figuracce e consolidare il secondo posto. Nel frattempo, da lontano, Gerry Cardinale - via-Ibra - costruirà il “nuovo Milan”, un gruppo chiamato ad avere un volto diverso da quello visto nelle ultime settimane.
Ovviamente la priorità è la scelta del nuovo tecnico, con minime speranze (o meglio, zero) di rivedere Pioli sulla panca rossonera (aumentano le chance che possa accettare la corte di De Laurentiis). E allora chi veste i panni del Diavolo? Conte e Sarri non piacciono alla proprietà: troppi “effetti collaterali”. Cardinale pare che voglia puntare su un profilo internazionale, che possa durare a lungo e abbia voglia di lavorare con giocatori di prospettiva.
Niente Emery (rinnoverà), niente (Lopetegui), niente Xavi (non convince). Thiago Motta? Se la Juve dovesse proseguire con Allegri per questioni economiche, potrebbe essere una soluzione, magari in coppia con Zirkzee (il pressing continua). Ma è anche vero che Giuntoli vuole mantenere la “priorità acquisita” e, quindi, tocca aspettare. Occhio ad altri due nomi: Van Bommel (prediletto di Ibra) e Fonseca (piace anche all’Om). Totale: abbiamo fatto 39383 nomi, segno evidente che siamo ancora lontani dalla scelta definitiva, ma occhio alla pista bolognese.
E il mercato? Si punteranno pochi, ma validi giocatori. Giroud andrà a Los Angeles. Per il suo posto Sesko, Gimenez e David arrivano ben dopo il prescelto, che è Zirkzee, appunto. Per il resto arriveranno un centrale in difesa, un terzino destro e un mediano, i cui cartellini potrebbero essere foraggiati da una cessione di medio/alto livello.
Pensierini.
- Adli che dice “al Milan servono giocatori forti”, strategicamente, non è stato furbissimo.
- De Rossi che perde con il Bologna, non accampa scuse e si complimenta con gli avversari è una roba bella.
- Più Gotti per tutti.
- Barella che con intelligenza ferma il coro “anti Theo” è un’altra roba bella.
- Tudor ieri sera ha dimostrato di avere un’idea di calcio parecchio moderna (calcio in verticale e ripartenze fulminanti), ma ha commesso un grave errore: Castellanos non andava tolto.
- La Juve sofferente del 2024 trova una finale non banale. Ci arriva soffrendo ma anche mostrando carattere e resistenza. Qualcuno dirà “è solo una coppetta”. E quel qualcuno non capisce che il calcio non offre troppe occasioni, guai a sminuire un trofeo, qualunque esso sia.
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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