Claudio Paul Caniggia, impossibile dimenticarlo. Dal suo presente a quello dell'amico di sempre Diego Armando Maradona, che sogna di tornare a Napoli da allenatore, passando per i campioni del domani, l'ex attaccante di - tra le altre - Verona, Atalanta e Roma, si concede in esclusiva a TuttoMercatoWeb.com.

Caniggia, da quanto tempo non parla alla stampa italiana?
"Da qualche anno. Non sono andaro in ritiro spirituale e neppure in India (sorride, ndr), ma sono stato un po' per i fatti miei. Ora mi sento più coinvolto nel mondo del calcio, quando ho lasciato per un paio d'anni non ho parlato di niente con nessuno. Non volevo apparire su tutto quello che succedeva".

Nostalgia dell'Italia?
"Sono stato l'anno scorso a luglio, ho visto un po' di amici. Quando posso torno volentieri".

Anche se le ricordano il gol fatto a Zenga nel '90?
"(ride, ndr). Me lo ricordano sempre, ma è bello: vuol dire che c'è passione. E questo è il lato positivo del calcio".

Cosa fa nella vita, adesso?
"Sto bene e resto legato al calcio. Mi muovo, a volte faccio da intermediario ma non mi interessa fare il procuratore di calcio. E poi ho anche altri affari, per esempio vado spesso a Londra dove ho un'azienda".

Manager e intermediario: in carriera ha avuto un grande maestro, Pablo Cosentino.
"Per la mia carriera Pablo è stato molto importante, sono stato il suo primo giocatore e insieme abbiamo lavorato benissimo nonostante lui all'epoca fosse molto giovane (27 anni, ndr). Se vedete, Pablo si è mosso molto bene in un mondo dove lavorare è difficile perché ci sono mille procuratori e mille situazioni. È un mondo complicato. Prima per gli agenti lavorare era più facile, ora ci sono tanti procuratori e avvocati in mezzo ad ogni trattativa".

Diego Armando Maradona, il suo amico di una vita: in tanti vorrebbero vederlo sulla panchina del Napoli.
"Per me è come un fratello. Siamo molto legati. Diego lo conosco da tanti anni. Meriterebbe un'opportunità da allenatore del Napoli, per la gente e per lui sarebbe bellissimo. Per quello che ha fatto da giocatore avrebbe diritto ad una possibilità. Certo, quando faceva il giocatore a Napoli non poteva neanche uscire per buttare la spazzatura - anche se non sarebbe stato capace di farlo (sorride, ndr) - perché la gente lo adorava e gli stava addosso. In quel momento Diego rappresentava la riscossa di Napoli, Sud contro Nord. È stato un grandissimo. Sì, lo vorrei vedere sulla panchina degli azzurri. Ti racconto un retroscena: io e Diego prima del Mondiale del 2010 avevamo pensato di aprire una scuola calcio. Poi però non se n'è fatto più niente".

Beh, se ne può sempre riparlare: magari proprio a Napoli...
"Sarebbe spettacolare. Poi siamo due nomi importanti, magari sbaglio ma potremmo essere un punto di riferimento per molti.

Chi è oggi, l'erede di Caniggia?
"Nessuno e non voglio sembrare presuntuoso. Forse mi somiglia un po' Lavezzi, ma ognuno ha le sue caratteristiche. Nel calcio si dicono tante cose, pensa che qualcuno ha detto che Ortega era l'erede di Maradona".

Messi invece si avvicina un po' al Pibe de Oro.
"Un po' sì perché palla al piede è impossibile fermarlo, come Diego. Ma giocano in posizione diversa".

Dai mostri sacri a chi ha una carriera davanti: Mauro Icardi.
"Calma, è esploso soltanto nell'ultimo anno. Vedo e sento che si parla di Inter e di Nazionale, ma oggi non penso che possa rientrare nella Seleccion, che in avanti ha i migliori giocatori. Però ha dimostrato di essere bravo nel campionato italiano, che è il più difficile al mondo. Se fai bene in Italia puoi far bene ovunque. Icardi può avere un grande futuro, ma nel calcio ci sono mille variabili".

Quindi, meglio restare ancora alla Samp?
"Fossi il suo agente gli consiglierei di restare alla Sampdoria un altro anno. In una squadra come la Samp puoi sbagliare, crescere, giocare sempre e migliorare. L'esperienza è importante. Se va in una grande squadra magari non gioca molto, perde il ritmo e non si sa come finisce. Chiaro, se ti dicono di andare all'Inter non ci pensi due volte prima di accettare. Ma guardate come è finita per esempio con Zarate: in nerazzurro non si è confermato e ora non gioca neanche nella Lazio. Lo stesso vale per Ricky Alvarez. A volte andare in una grande squadra può anche non far bene, soprattutto se sei giovane".

Chi punta molto sugli argentini è il Catania, la rivelazione della serie A.
"Vero, ha fatto cose importanti. Però ho una mia filosofia: se qualche giocatore argentino del Catania lo metti in un'altra squadra magari non rende come adesso. Qualcuno potrebbe fare il salto di qualità e andare in una big, sarebbe un vanto per la società catanese e per il calciatore in questione. Ma a Catania si è creato un gruppo forte, un ambiente dove i giocatori si sentono a casa e tutti insieme giocano benissimo. Comunque i rossoblu' sono la rivelazione del campionato e su questo non c'è dubbio".

Un nome su tutti: Lucas Castro, lo vuole la Juve. È pronto?
"Sta facendo molto bene, ha dei colpi interessanti. Perché no?".

Paulo Dybala del Palermo: su di lui ci sono tante aspettative.
"Diamogli tempo, è forte. Viene da una squadra piccola come l'Instituto de Cordoba, ha bisogno di ambientarsi. Se cresci in una squadra come il River o il Boca dove ti insegnano a vincere è una cosa, se lo fai all'Instituto de Cordoba, che comunque ha tanti tifosi, è un'altra. Stiamo parlando di un ragazzo giovane e con delle qualità, il Palermo lo aspetti: farà bene".

Torniamo a lei: 1988, la sua prima avventura italiana, al Verona.
"Era una grande società, con uno stadio spettacolare. Verona è un ambiente molto bello per fare calcio".

Ora i gialloblu' puntano a ritornare in serie A.
"Tutte le squadre con stadi e pubblico importanti meritano la serie A, quindi anche Verona, che ha dei tifosi legati ai giocatori".

Dopo il Verona, per lei, il passaggio all'Atalanta.
"La società italiana a cui sono rimasto più legato. Ho vissuto anni bellissimi, in quel momento era una grande squadra. Il gruppo era straordinario".

Ultimamente i nerazzurri faticano...
"Avevano cominciato bene. Peccato, davvero. Ora se non si riprendono rischiano".

L'Atalanta e poi la Roma: che ne pensa del progetto giallorosso?
"Uno che non si tira mai indietro nella Roma è Lamela, abituato a giocare nel River Plate: una squadra che deve vincere tutte le partite ti insegna a cercare sempre la vittoria. La Roma ha tanti giovani, tenere il passo di Juve, Inter e Milan è difficile: poi ha cambiato anche allenatore perché non c'erano i risultati. Sicuramente manca qualcosa, la squadra è giovane ed è impossibile che stia alla pari delle grandi".

Una curiosità: ma era davvero una testa calda?
"Si dicono mille cose, di vere magari ce ne sono dieci. La gente che mi conosce sa come sono. Certo, quando escono delle cose sui giornali non puoi perdere tempo a smentire. Non ci puoi fare niente, lasci parlare e non ci pensi"

Rimpianti del passato: la squadra in cui avrebbe voluto giocare?
"Ah, non ho dubbi: il Milan. Il simbolo del diavolo, i colori rossoneri... emozioni bellissime. E stiamo parlando di una grande squadra con un prestigio incredibile. Ha vinto tanto, mi piace tantissimo. Ancora adesso seguo il Milan con interesse".

Sezione: L'angolo degli ex / Data: Gio 28 febbraio 2013 alle 11:00 / Fonte: TMW
Autore: Redazione TA / Twitter: @tuttoatalanta
vedi letture
Print