Ci sono giorni in cui ti prende così e ieri è stato uno di quei giorni in cui Adl, Aurelio De Laurentiis rigorosamente con due i per l’anagrafe, prende cappello e sbotta contro tutto e tutti. Non è la prima volta e non sarà l’ultima, il carattere non lo cambi a settant’anni, la diplomazia non si compra e allora siamo qui a chiederci: perché l’ha fatto?
Perché il presidente del Napoli ha attaccato due giocatori importanti, due emblemi di questi anni come Mertens e Callejon “vadano pure in Cina se pensano di fare una marchetta e vogliono passare due-tre anni di merda”?
E perché non è stato tenero neppure con Insigne dicendo “deve decidere cosa vuol fare da grande”?
E infine, perché ha detto quello che i tifosi napoletano mai avrebbero voluto sentir dire tipo “Koulibaly prima o poi sarà venduto”?
Adl non fa mai niente a caso, chi lo descrive come uno che si fa prendere dall’umore, che dice cose per fare scalpore e attirare l’attenzione su di sé, sbaglia di grosso. Adl è un fine stratega e non avrebbe potuto tenere il Napoli da dieci anni al vertice del calcio italiano e non solo se non avesse fatto scelte nette e raffinate, indicato la rotta, preso decisioni anche impopolari o che hanno fatto discutere. Ha fatto tutto per il bene del Napoli e quello di ieri, a naso, mi sembra un altro capitolo della storia.
Credo che Adl abbia capito le difficoltà di questa squadra e di Ancelotti, sappia più cose (ovvio) di quante ne sappiamo noi e stia vedendo allontanarsi giorno dopo giorno quello che era l’obiettivo o il sogno (fate voi) stagionale: contendere lo scudetto alla Juve. Dopo la vittoria sul Liverpool i segnali sono apparsi chiari, il calo di rendimento pure, certi malesseri evidenti, troppi giocatori in campo al di sotto delle loro possibilità e allora Adl, per come la vedo io, ha deciso di entrare a gamba tesa, è stato durissimo, con l’unico obiettivo di dare un segnale a tutti per provare a scuotere il gruppo e tentare il recupero in classifica e ritrovare le motivazioni. Non la spiego altrimenti. A Mertens e Callejon ha detto chiaramente “possiamo fare a meno di voi”, li ha quasi mandati al diavolo e anche qui credo per pungolare il loro orgoglio e dire che comunque la rosa della squadra è adeguata. Ha messo Insigne con le spalle al muro e di fronte alle sue responsabilità: se vuol essere ceduto lo dica chiaramente. Altrimenti si comporti come si deve, da professionista, con il Napoli e con i napoletani.
Infine Koulibaly, il messaggio è fin troppo evidente anche per i tifosi: se non si raggiungeranno gli obiettivi, se la squadra non crescerà, se non arriveranno soldi dalla Champions e dagli sponsor, Adl dovrà vendere il giocatore che ha mercato più di tutti e vale oltre cento milioni.
Ora si tratta di vedere che effetto faranno le parole del presidente. L’arma usata sa molto di disperazione e in questi casi la lama è sempre a doppio taglio. Adl riuscirà a far scattare una reazione da parte di tutti? Il pungolo farà effetto? Oppure il malessere e il disagio di alcuni, in qualche caso il disamore, aumenteranno fino a contagiare anche gli altri? Certe risposte le potrà dare soltanto il campo a cominciare dalla gara sulla carta semplice, ma nei fatti complicata, di sabato prossimo contro il Verona. E la palla adesso passa anche ad Ancelotti che Adl ha salvato e difeso a spada tratta con l’evidente intento di rafforzare la sua posizione agli occhi del gruppo e all’esterno, ma sul quale i dubbi non mancano. La sensazione è che questioni personali come quelle di Mertens, Callejon o Insigne, ma non solo, possano aver distratto un gruppo che per ottenere risultati deve invece sempre giocare al massimo. Alcune scelte dell’allenatore, il troppo turn over, esclusioni eccellenti, l’eccessivo spazio ai nuovi arrivati senza rispetto per le gerarchie, potrebbero aver fatto il resto. Ma ripeto, se fino a ieri eravamo nel campo delle supposizioni per spiegare un rendimento non ottimale, di sicuro al di sotto delle aspettative, l’uscita di De Laurentiis ha dato più di una conferma del momento di notevole disagio del Napoli.
Peccato perché proprio il Napoli rafforzato e con Ancelotti al secondo anno, ma anche l’Inter di Conte regina del mercato e partita alla grande, ci avevano fatto sperare in un campionato più equilibrato e più emozionante rispetto a questi anni dello strapotere juventino. E invece dopo sette giornate e lo scontro diretto Inter-Juve, la solfa sembra sempre la stessa. Sette giornate però sono poche, dalle due inseguitrici ci aspettiamo una immediata reazione.
E che dire allora del Milan che sembra sempre più in crisi dentro e fuori dal campo?
Il bilancio in rosso (-145,9 milioni) ha del clamoroso, il fondo Elliott che si è esposto per quasi 350 milioni non recuperati da Yonghong Li e di oltre 250 per il mercato e la gestione, sta conducendo un’operazione finanziaria in perdita secca. Oggi questo Milan a 700 milioni, cifra che consentirebbe a Elliott di rientrare, non lo compra nessuno. Che fare? Situazione complicata perché gli incassi diminuiscono, le spese di gestione e per i calciatori aumentano e i risultati che potrebbero portare soldi (Champions) non arrivano. Siamo al famoso cane che si morde la coda. Come uscirne? E’ evidente come Elliott stia pigiando sullo stadio. Riuscire ad avere un assett così importante, anche solo a progetto approvato, consentirebbe a Elliott di vendere il Milan a una cifra conveniente. Ma la strada è ancora lunga, che fare in attesa? Come bloccare il rosso che cresce? Servono plusvalenze immediate e una riduzione del monte ingaggi. La cosa più logica sarebbe vendere Donnarumma (plusvalenza enorme) e forse qualche altro big, non si vedono altre strade. La società però ha smentito ufficialmente che ci sia allo studio questa ipotesi e in certi casi le smentite sono quasi dovute, ma è difficile vedere altre possibilità per riequilibrare i conti. E per far tornare a crescere il fatturato serve tempo e (anche qui) soprattutto i risultati. Siamo in un cul de sac, vediamo se Elliott trova una soluzione, intanto tocca a Pioli invertire la tendenza almeno in campo.
Tornando all’Inter, Conte ha recuperato Sensi e non è poco. L’infortunio di Sanchez ha costretto i nerazzurri a puntare sul baby Esposito e si guarda al mercato di gennaio. Giroud è uno che piace. Ma non solo. Marotta medita, cerca un’idea percorribile, Ibra si è offerto, si riflette. Però se Conte dovesse scegliere prenderebbe più volentieri un centrocampista. E’ quello il reparto che ha sofferto di più per la cresciuta lenta o nulla di Vecino e quel poco che fa Gagliardini. Serve un’alternativa forte ai tre titolarissimi quindi occhi puntati su Matic in scadenza che potrebbe arrivare a gennaio, ma anche sul solito Rakitic che non vuole più stare a fare la riserva al Barcellona. Ma da qui al mercato mancano due mesi e mezzo e sono troppi, nel frattempo Conte si aspetta da tutti un rendimento più alto.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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