Giuseppe Marotta, direttore dell’Inter, è intervenuto ai microfoni di Sky Sport per analizzare quanto accaduto nelle ultime ore sull’argomento Superlega: "Iniziamo dalla premessa, questa iniziativa è stata portata avanti dai 12 proprietari dei club alla luce della situazione del singolo club per via dei costi certi e dei ricavi incerti. Questo modello di calcio nazionale ed europeo è un modello superato. Bisognava trovare la possibilità di inventare qualcosa, è stato fatto alla luce di un sistema calcio a rischio default. Parliamo dell’intero scenario. Gli stipendi costano il 60%-70% del bilancio, questo modello non garantisce futuro. Bisognava cercare qualcosa per cambiare".
Come si riprenderanno i rapporti con gli altri club?
"La Superlega è naufragata perché sono stati sottovalutati aspetti importanti come la voce dei tifosi, patrimonio vero. I sei club inglesi si sono improvvisamente defilati secondo le loro logiche".
Le modalità ci sono parse poco professionali.
"Se questo progetto è fallito vuol dire che qualche errore è stato fatto durante il percorso, questa risposta dice tutto".
Marotta è stato avvisato?
"Questa operazione è stata condotta dalle proprietà con grande riservatezza. Non siamo entrati direttamente anche se le informazioni ci sono arrivate e se tutto si è consumato negli ultimi giorni. I compiti è giusto dividerli, ci siamo concentrati nella gestione quotidiana del club. Scuse? I proprietari ritengono di fare il bene del proprio club. La situazione a tutti i livelli è a rischio default, siamo davanti a una situazione paradossale. Serve che le istituzioni creino un modello, altrimenti non si va avanti. Milan, Inter e Juventus hanno speso un miliardo di euro negli ultimi sette anni per i calciatori, ora non si può più fare. Questo va a discapito della competitività. Gli sponsor a loro volta sono delle aziende e fanno fatica ad investire, l’azione ha un principio di buona fede. Si sono verificate delle lacune è scontato, ma i principi vanno salvaguardati. Serve il rispetto della meritocrazia e dei propri tifosi, un club ha dei valori da portare avanti, lo sport è uno strumento di emulazione positivo".
Quando avete detto no ai fondi eravate già d’accordo?
"I fondi non c’entrano proprio niente, in questo progetto sono entrate tre leghe. Il dissenso verso i fondi è nato da altre società, ma le due cose non sono assolutamente in relazione. Il principio del dissenso è un atto democratico, ma non capisco l’attacco violento di Cairo. Per le sue parole abbiamo ricevuto minacce pubbliche e private, è un fatto molto grave. Uno può chiedere a un dirigente di dimettersi, ma io non sono un giuda, ho principi morali e sono innamorato di questo sport. Io dimettermi? Essere il consigliere federale è un'attività di servizio faticosa, lo faccio per amore dello sport. Avremo una riunione e rimetterò il mandato, se la maggioranza delle società non vorrà che io continui farò un passo indietro. Inutile parlare di strumenti finanziari, parliamo anche di calcio”.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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