Non è facile parlare della faccenda Denis-Tonelli, per vari motivi. Nessuno, che non fosse delle due società, può avere un vero quadro d'insieme della situazione, senza che le parole non siano riferite. Forse solo Tonelli e Denis conoscono la verità, perché pure Cigarini ha telefonato a Maccarone per scagionarsi del parapiglia accaduto al Comunale di Bergamo. I due, da buoni sparring partner, potevano sembrare complici - teste - del terzo pasticciaccio più brutto di giornata. Il primo è la bomba carta a Torino, che ieri è stato oggetto di discussione sulla paternità francamente stucchevole (e pure offensiva, a tratti), poi l'assalto al pullman, sempre nel capoluogo piemontese. Questo per dare il giusto peso alle cose, che in troppi, pure il buon Tavecchio, hanno mischiato i tre avvenimenti quasi facendo combaciare (equiparando) la gravità dei fatti. È una stupidaggine. La dovuta premessa è questa, la ricostruzione è un po' diversa e, giocoforza, può essere lacunosa. Bisogna, almeno in un primo momento, attenersi a quella ufficiale. Tonelli minaccia di morte Denis e la sua famiglia, di fronte al figliolo Matias - che è sempre nei paraggi, porta fortuna del Tanque - e va negli spogliatoi. Denis lo raggiunge qualche minuto dopo e, con Cigarini, chiede a Tonelli di presentarsi. Pugno nel viso, taglio alla zigomo e naso malconcio, blackout momentaneo, Maccarone che va alle telecamere e racconta "l'agguato" organizzato, Marino che risponde da par suo parlando di intimidazioni mafiose. Giudice Sportivo nel pomeriggio: una giornata a Tonelli, per le minacce, cinque a Denis per condotta violenta e l'aggravante che non sia successo sul campo da gioco bensì dopo un lasso di tempo ragionevolmente lungo per evitare contatti esageratamente aggressivi. Cinque partite, dunque, sono il minimo. Forse Tonelli avrebbe potuto prenderne due, come Materazzi nella capocciata di Zidane del 2006, poiché la Procura Federale pare abbia appurato le minacce. Fermo restando che se non fosse stato Materazzi in una finale mondiale e nella partita di addio di Zidane non avrebbe mai preso manco mezzo minuto di squalifica. Lo stesso Matrix aveva dato un pugno a Cirillo dopo un Inter-Siena del 2004, prendendo due mesi. Mano morbida, quindi, del Giudice Sportivo per entrambi. Il problema è che Tonelli, nella serata di ieri, ha utilizzato Facebook per discolparsi, smentendo su tutta la linea quanto riportato da chi era deputato a sorvegliare, accusando nuovamente Denis e professandosi innocente. Rischia provvedimenti, minaccia (anche se non è il termine più simpatico) querele. Così il caso è davvero spinoso. Solo Denis e Tonelli sanno come è andata veramente la faccenda, nella propria interezza. Chi ha solcato più di cinque minuti un campo da calcio sa però che le scaramucce fra il Tanque e il difensore empolese, in partita, capitano molto spesso. Più si scende di categoria più ci sono insulti fra avversari. Per vari motivi: la necessità di fare sport, la voglia di vincere che c'è sempre, spesso pure le entrate che non risparmiano le caviglie dei centravanti. Così, ogni settimana, c'è chi le prende e chi le dà, alle volte chi reagisce. È il calcio bellezza, e tu non ci puoi fare proprio niente, per parafrasare una frase famosissima. E spesso, in campo, si portano pure i problemi personali che, ogni tanto, fanno sì che venga esasperata ulteriormente la situazione. Un centravanti, di minacce come quelle sentite da Denis, nel corso di una carriera ne avrà ricevute almeno un centinaio di volte. In una stagione di 38 partite, una decina scorrono via lisce, le altre sono sempre a rischio. Soprattutto se il numero nove è forte, e Denis lo è, innegabile. Questo è il motivo per cui non si può giustificare la reazione dell'argentino. In nessun caso, non è questione nemmeno di conoscere tutta la verità. Poi è umano reagire, ma basterebbe accettare i propri errori e non tentare un'inutile riabilitazione. Agli occhi di chi, poi? Perché i tifosi continueranno a giustificare il proprio idolo in nome di una famiglia che è sacra. Gli stessi tifosi che, domenica pomeriggio - quando solitamente mangiano polenta e funghi visto l'orario da lunch match - davano dei figli di a Maccarone, Sepe, ma non solo. Anche ai giornalisti, chissà mai che le colpe delle proprie azioni siano, sostanzialmente, proprie. Certo, resta da capire cosa avrebbero detto se Tonelli avesse aggredito Denis, reo di averlo solo insultato per un eccesso di agonismo. Come a Las Vegas, le cose dette in campo rimangono in campo. Con Denis non è successo nulla di tutto questo e lo strascico è innegabile: certo, sentir dire qualcuno che un professionista strapagato ha fatto bene a dare un cazzottone all'avversario fa sorridere. Per non piangere.
Autore: Twitter @tuttoatalanta / Twitter: @tuttoatalanta
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