Troppo brutto per esser vero, troppo deludente per non intervenire. Finalmente è successo che Rafa Benitez decidesse di abbandonare la mano morbida e quella teoria permissiva messa in discussione dopo l'eliminazione dalla Champions. Con una squadra scottata e depressa (forse anche distratta) e con i risultati che continuavano ad essere deludenti, era arrivato il momento dell'inevitabile giro di vite. Annullato il giorno di riposo per la prima volta durante l'era Benitez e pure le chiacchiere profuse in sala stampa a mo' di simposio sul mondo del calcio, da ieri sono state (forse) definitivamente bandite. Risposte secche ed un abbondante utilizzo di monosillabi hanno lasciato intendere che da questo momento il coach parteciperà alle conferenze stampa sol perché previste da programma, ma il suo principale obiettivo sarà quello di far parlare il campo. Con i fatti ed i risultati che questa squadra è in grado di ottenere, nonostante l'avvio di stagione triste e con pochissime ragioni per sorridere. Ecco, il nuovo corso di don Rafè ci piace molto, improntato com'è al privilegio della sostanza, alla scelta del pugno duro quando serve ed all'utilizzo dei ricordi per caricare una squadra oggi in crisi di identità. Perché no, alla suo gruppo attuale potrebbe ricordare cosa fece, ma soprattutto cosa disse, nello spogliatoio del Liverpool che perdeva 3-0 contro il Milan in finale di Champions. Spiegare come fece ad evitare il tracollo psicologico di Gerrard e Xavi Alonso, cosa disse per convincerli a tornare in campo con la consapevolezza di riuscire in una rimonta oggettivamente improbabile. Quella sera proprio non riusciamo ad immaginare Benitez con la lavagnetta tra le mani spiegando ad ognuno dei suoi calciatori se dovese spostarsi un po' più a sinistra o se restare mezzo metro al centro. No, certamente in quella notte irripetibile avrà sguainato la scimitarra, indicando il corridoio che portava al terreno di gioco e che quella sarebbe la strada per la gloria che loro e soltanto loro avrebbero potuto conquistare. Con il cuore, con l'orgoglio ed un appetito che in quel momento al Milan era già venuto via. Ne avrà sicuramente tanti altri di aneddoti vissuti lungo l'arco di tutta la sua carriera di allenatore da garantirsi una vasta gamma di opzioni per caricare il Napoli nelle prossime partite e fino a quando non avrà ritrovato la serenità che manca attraverso il raggiungimento dei risultati. Tre sfide nell'arco di otto giorni, importanti per non dire fondamentali, di certo utili a garantire quella spinta che occorre per cambiare il senso di un campionato troppo simile al peggiore periodo di De Laurentiis per poter essere vero ed accettabile. L'inizio della stagione 2009-2010 fu identico, però quel Napoli aveva come obiettivo massimo il ritorno in Europa League attraverso il quinto, sesto posto (cosa che poi avvenne con Mazzarri), perché il valore della squadra di più non consentiva di pensare. Ma il Napoli di adesso è cosa ben diversa, tanto da convincere De Laurentiis all'utilizzo del sostantivo "scudetto" e Benitez ad assecondarlo (in parte) con l'espressione: "Non dobbiamo aver paura di parlarne". Avranno sicuramente ragione loro, perché il Napoli visto all'opera nelle prime sette sfide stagionali è davvero troppo brutto per essere vero. O forse troppo distratto per lottare su tutti i palloni ed in ogni partita. Ecco perché ci piace immaginare che, a partire dalla sfida con il Sassuolo, ci sia Benitez a lanciare l'assalto con la sciabola tra i denti, nel mentre De Laurentiis si gode di buon mattino lo spettacolo da Los Angeles.
Autore: Twitter @tuttoatalanta / Twitter: @tuttoatalanta
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