Nel 2008 le due squadre con più debiti del mondo del calcio, come Chelsea e Manchester United, si trovarono di fronte nella finale di Champions League. Una posizione inaccettabile per la UEFA e il suo presidente, Michel Platini, che voleva un calcio più etico, senza i milioni spesi a fondo perduto, per evitare molte storture che un inserimento di un investitore avrebbe portato. Tentativo evidentemente fallito, poiché negli ultimi anni si sono moltiplicati magnati - spesso esotici - che hanno rilevato altre proprietà. Manchester City e Paris Saint Germain sono solo la punta dell'iceberg. Tutto questo mentre il calcio aumentava a dismisura i propri fatturati, fino a raggiungere cifre fuori controllo come quelle odierne. Ed è un calcio che non ammette più le sorprese, o quasi: il Leicester è stato un evento più unico che raro, l'Atalanta di questa stagione sta facendo grandi cose ma il Valencia non era l'avversario più complicato del mondo.
Così, in una scena martoriata dal Coronavirus, con tutti gli addetti ai lavori che danno la propria ricetta per cercare una via di uscita che non sarà né semplice né indolore, la realtà è che i club hanno già speso i soldi ricavati dai diritti televisivi. E c'è probabilmente la necessità di pensionare - almeno per un anno - il vecchio sistema del fair play finanziario, altrimenti molti si troverebbero fuori dai parametri, al netto degli stipendi non pagati e che, però, sono ancora parecchio lunghi da onorare. Il sistema potrebbe crollare su se stesso e lasciare nuove macerie, con un ulteriore scollamento fra le piccole realtà e le grandissime squadre.
Come fare per vivere un calcio più equo e sostenibile? Togliere i paletti di bilancio e inserire quelli sugli stipendi dei calciatori. Ogni Lega delle top cinque dovrebbe dare la propria visione anche in base a quanto percepito sia dai diritti televisivi, sia dall'eventuale fatturato. Sarebbe una rivoluzione copernicana sia per i club, che dovrebbero fare delle scelte e non potrebbero accaparrarsi tutti i calciatori migliori, depredando completamente le avversarie. Anche per i calciatori, che avrebbero più sfide che non quella di arrivare in un big club per guadagnare 2-3-5 milioni di euro (e magari sedersi in panchina), bensì poterlo fare anche in provincia. Certo, sarebbe un calcio livellato e senza il libero mercato, ma come nell'NBA ci sono alcuni club che pagano più degli altri: superata la soglia psicologica del salary cap ogni incasso andrebbe alle altre squadre e ridistribuito.
Se una squadra volesse sforare il salary cap, come probabilmente farebbe la Juventus o l'Inter, dovrebbe spendere un doppio stipendio. Se volesse sforare di 40 milioni, altri 40 andrebbero nelle casse degli altri club che non lo sforano, in modo che possano avere più risorse per pagare stipendi medio-alti e arrivare circa al budget: di fatto così la Juventus (o l'Inter, o chi per loro) darebbe 2 milioni a ogni avversaria della propria lega, che verrebbe reinvestito in un discreto giocatore, oppure in un aumento di stipendio al fuoriclasse, oppure il centro sportivo. A questo punto anche Real Madrid e Barcellona, di fatto, sarebbero costrette a fare i conti e non potrebbero solo dare 40 milioni di euro netti a Messi. Ripetendo: non sarebbe un libero mercato, ma non lo è nemmeno ora. E avvantaggia solamente i più ricchi.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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