Nella scorsa estate la Juventus è rimasta spiazzata. Presa alla gola dall’impossibilità di prendere Guardiola, non solo economica ma anche tecnica (dal momento che il ciclo al City non si era ancora concluso), e soprattutto dal ritorno di Zinedine Zidane: l’arrivo del francese sarebbe stato perfetto, dopo le vittorie di Champions League (tre su tre) e la sua juventinità dovuta alla sua militanza in bianconero negli anni novanta. L’offerta era su per giù quella riservata a Sarri, ma nel momento in cui il Real Madrid ha deciso di pagare 10 milioni di euro all’anno non c’è più stata l’opportunità. Così come Pochettino sembrava a un passo dall’addio al Tottenham, ma Levy non lo ha voluto liberare, salvo poi esonerarlo qualche mese dopo. E gli altri, da Conte a Mourinho, avevano quasi sempre grosse controindicazioni. E le aveva anche Maurizio Sarri, per la sua napoletanità e il suo stile, così lontano dal mondo bianconero. Così i nodi ora stanno arrivando al pettine, nel momento in cui i risultati stentano ad arrivare (ma ci sono tutti e tre i fronti aperti) e il gioco non diverte ancora nessuno. È solo colpa di Sarri? Assolutamente no, anche la dirigenza ha le sue grosse responsabilità. Dall’arrivo di Cristiano in giù, dall’addio di Marotta - probabilmente perché ritenuto superfluo e sostituibile - a un mercato di giugno tutt’altro che azzeccato. Dei nuovi solo De Ligt sta giocando praticamente sempre, solo per l’infortunio di Chiellini e, soprattutto, non è esente da critiche più o meno velate. Qualcosa Paratici non lo ha azzeccato, il rischio è che qualcuno debba pagare in caso di annata a titoli zero. Attenzione a Guardiola, ovviamente, perché il doppio anno di Manchester City fuori dalle coppe potrebbe valere qualcosa. A oggi, però, è premato. Ma il rischio che ci sia un terremoto panchine è altissimo: solo Conte è praticamente certo di rimanere dov’è, forse Gasperini dopo le sue parole in cui rivela di essere pronto a fare il Ferguson dell’Atalanta.
Proiettandoci verso la finestra di giugno ci sono già delle situazioni complicate. Quella di Pogba l’ha descritta bene Mino Raiola, anche se - un po’ come per Vidal - potrebbe essere come la bella di Siviglia: tutti la vogliono e nessuno la piglia. Questo perché, al di là di un contratto in scadenza nel 2021, Pogba può avere mercato in 4-5 squadre al mondo, non molte di più. Quindi è evidente che il cerchio si restringa di molto, nell’operare possibili operazioni. Ok, la Juventus sulla carta potrebbe riprenderlo, ma è la stessa Juve che poi non riesce a piazzare Higuain e Dybala nella scorsa estate, Emre Can con fatica invereconda al Borussia Dortmund, Mandzukic dopo sei mesi di stop e via discorrendo. Più semplice, per modo di dire, il caso Lautaro Martinez. L’argentino non prende ancora le cifre di Pogba, è (molto) più giovane, costa più o meno uguale, 111 milioni. Il Real Madrid ha già fatto sapere all’Inter di essere disposto a pagare la clausola - venderanno Jovic? Lo daranno in contropartita? - mentre i nerazzurri volevano rinnovare: la richiesta, otto annui, ha spaventato Marotta e compagni. Quindi oltre a Icardi - occhio alla sua posizione, può dire di no all’eventuale riscatto PSG - c’è anche un caso Martinez che è in dirittura d’arrivo, una tempesta perfetta. Il Milan dovrà ripartire da zero (da Sartori?) perché difficilmente potrà centrare il quarto posto che darebbe la continuità finora non avuta.
Autore: Redazione TA
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