L'impresa dell'Atalanta ce la ricorderemo a lungo. Intanto perché è praticamente unica: provate voi a qualificarvi agli ottavi di finale dopo che nelle prime 4 partite avete messo insieme un solo punto. Dopo che il conto della competizione più importante d'Europa te lo hanno presentato sotto forma di gol subiti a ripetizione che potevano minare l'autostima di un gruppo che aveva fatto proprio del saper andare oltre i propri limiti il suo marchio di fabbrica.
All'inizio della competizione molti italiani avevano indicato l'Atalanta come possibile sorpresa. Il girone non era impossibile (al di là dei mostri sacri del City): avversari tosti ma non imbattibili. Poi dopo le prime due partite e con il City all'orizzonte i bei pensieri si erano trasformati in rammarico. Per molti, ma non per tutti. Non per Gasperini e la sua banda che si sono messi in testa di sovvertire ogni possibile pronostico.
Ma queste cose non succedono per caso. Mai. E' vero che la Champions è la competizione dei dettagli, ma questi dettagli si incrociano con uno spirito mai domo. Quello spirito che ha permesso all'Atalanta di qualificarsi a pieno merito per la Champions e che gli ha permesso di firmare questa impresa. E di dettagli è piena la gestione di questa squadra e di questa società. Di dettagli che funzionano. Gasperini ha ancora una volta espresso tutto il suo potenziale: gioco totale, accetta l'uno contro uno a tutto campo, senza necessariamente essere più forte tecnicamente. Ci arrivano con altro. La società ha mostrato una solidità e una serietà senza precedenti. Se prima l'Atalanta era la squadra che riusciva a far bene in campionato per monetizzare sul mercato, ora arrivano i risultati e arriva anche lo stadio nuovo. Arriva una dimensione nuova di una società lanciata nell'empireo europeo, passo dopo passo. Non è un fuoco di paglia, non è una sorpresa. Questa impresa ha delle basi. Ha un progetto dietro. Perché la sorte aiuta gli audaci. Le possibilità prima vanno create e poi vanno colte. Ecco perché l'Atalanta lo merita.
Ha un saldo positivo sul mercato, per questa stagione (secondo transfermarkt) da 30 milioni di euro. Nell'estate in cui è arrivato uno degli acquisti più cari della storia nerazzura: Luis Muriel. Va solo applaudita. Applaudita e studiata. A partire dalla testa, dalla famiglia Percassi, Antonio e Luca, papà e figlio. Entrambi bergamaschi doc, papà ex calciatore proprio della Dea. Concretezza, idee chiare e profilo basso. Antonio non era in Ucraina (questioni di abitudini o scaramantiche, se volete). Luca aveva un sorriso grande così, come mai avevamo visto. E hanno lasciato il proscenio e i complimenti tutti alla squadra e a Gasperini.
Non certo lo stesso clima si respira a Napoli (dove peraltro Gasperini avrebbe potuto allenare, visto che tra un rinnovo di Mazzarri e l'altro era stato vicinissimo agli azzurri). Si è chiusa un'era, quella di Ancelotti. E probabilmente si va verso un finale di stagione dove chiedere ancora il massimo, grazie al lavoro di Gattuso, a un gruppo che probabilmente è all'ultimo atto prima di un profondo rinnovamento. I motivi della separazione fra Ancelotti e De Laurentiis sono molti e sarebbe riduttivo pensare soltanto ai risultati. Ancelotti si è trovato a gestire una situazione già tesa per mancati rinnovi, mancati adeguamenti, malumori sparsi, tutti concentrati sui 8-10 giocatori più importanti della squadra. Per esperienza, peso e qualità. I risultati sono una conseguenza. Potevano essere un rimedio e si sono rivelati invece un grande problema. Sfociato successivamente nella querelle ritiro, in cui tutto poi è deflagrato. Da quel momento in poi il Napoli non ha più vinto, si è arrovellato su sé stesso. Ai malumori di cui sopra si sono aggiunti gli attriti derivati dalle conseguenze dello strappo del no-ritiro. E rimettere a posto la situazione era impossibile senza intervenire in maniera decisa, perché ancora una volta, i risultati non sono arrivati. E non basta il 4-0 e il passaggio del turno. Ancelotti - probabilmente - a freddo non ripeterebbe alcuni passi, come quello di dirsi contrario al ritiro e generare quindi un ulteriore equivoco. Ma non ha mai sentito lo spogliatoio contro di lui. Lo ha ribadito più volte. I giocatori (anche se in questo caso alcune frasi sono quasi d'obbligo) lo hanno ringraziato pubblicamente, ma non hanno potuto aiutarlo sul campo, visto che il blackout è durato troppo a lungo.
Ora con Gattuso si cambia registro. Si azzera tutto. Si riparte da capo. E si riparte con una corsa ad handicap, visto che l'obiettivo è la qualificazione in Champions League. Quindi recuperare terreno in campionato e provare ad arrivare il più lontano possibile in Europa. Gattuso ha tutte le qualità per poterlo fare. Sia come gestore dello spogliatoio che come uomo di campo. E' giovane, ma completo. Sa dosare il bastone e carota e l'esperienza al Milan lo ha fortificato molto e fatto crescere ulteriormente. Il mercato potrà dargli una mano, ma probabilmente non è la prima delle sue preoccupazioni. E soprattutto vorrà prima capire da vicino che tipo di squadra ha a disposizione.
Per chiudere, prima di entrare nelle grandi operazioni di gennaio, un paio di considerazioni su Ibra. Ancora non ha deciso. In Italia rimangono in piedi le soluzioni Milan e Napoli, appunto. Da nessuna delle due parti si respira ottimismo, come si si avesse paura di rimanere "bruciati". Anche perché le richieste economiche e di durata dello svedese non sono banali. E poi discorso Barcellona. In molti hanno fatto chiacchierate con il club catalano. Tanti nomi, tante ipotesi, ancora nessuna concretezza. Da Todibo (Milan) a Lautaro e Skriniar dell'Inter che interessano. Vidal (ma non alle condizioni del Barca) a Rakitic. Per ora tante voci. Se proseguiranno idee e ipotesi di lavoro, siamo qua, per raccontarvele.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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