Non era mai successo di vedere una squadra di Antonio Conte così. Chi scrive segue Conte da vicino da più di una decade, dal suo arrivo a Bari, e certo dalla Juve in poi non è certo un mistero da disvelare. Bene: mai una squadra di Conte aveva giocato in questa maniera, semplicemente non sua. Intendiamoci: si può giocare male, si può essere inconcludenti e lenti, e ovviamente i rivali possono essere semplicemente migliori.
Ma quello che è accaduto in Inter-Slavia Praga, e la concomitanza di fattori, semplicemente non sono un evenienza comune alle squadra di Conte. Parliamo per esempio dei lanci lunghi: l’Inter aveva cercato di attaccare così sin dall’inizio, addirittura quattro palle alte buttate a caso già al 20’. Diicasi: al ventesimo, non a 20 minuti dalla fine. E poi: la difesa bassissima, che nemmeno ci prova a salire, e il centrocampo che pure rimane passivo e basso, e per di più poco mobile, e come se non bastasse disordinato e disarmonico (disordinato e disarmonico un centrocampo di Antonio Conte! Eresia totale!). Per non parlare degli attaccanti piantati avanti senza accorciare, e della mancanza di reazione nel Secondo Tempo, il che è pure peggio dell’approccio sbagliato.
Che succede, Antonio? Troppi elogi, o una sottovalutazione degli step, o una sopravvalutazione di certi elementi (Lazaro deve ancora diventare qualcosa, per esempio)? Ma sta di fatto che l’Inter è già quasi fuori. Esagerati dite? Mica vero. Questa doveva essere la partita più facile del girone, ci sono davanti tutte e tre le trasferte, quelle a Barcellona e Dortmund sono proibitive, e questo pareggio in contemporanea in Borussia-Barcellona significa che l’Inter dovrà battere i tedeschi a San Siro (e passi) ma soprattutto dovrà fare risultato in una delle restanti tre con Dortmund e Barcellona, il che diventa sempre più difficile considerando il pareggio che rallenta i catalani.
Per fortuna che c’è il Napoli. Partita splendida, giocata per larghi tratti alla pari con il Liverpool, per poi esserle superiore. Vittoria meritatissima, e meno male che è arrivato il secondo gol, perché avrebbe avuto un sapore amaro il 2-0 ottenuto con un rigore inventato (furbo Callejon, ma onestamente non è bello vedere lo spagnolo andare a cercarsi l’impatto).
Il Napoli è una realtà magnifica, solo magnifica: forse ci siamo troppo abituati, ma non bisognerebbe mai farlo. Tenete a mente il budget dei partenopei, la lunga serie di acquisti azzeccati prima degli altri - solo in questa squadra i Fabian Ruiz, i Koulibaly, i Ghoulam, i Callejon fatti diventare grandi giocatori grazie alla scienza del Napoli. Una grande squadra. E un grande allenatore, che non importa se vinca o meno, perché nel trionfo finale ci sono tanti fattori che intervengono, ma un tecnico splendido nel giocarsi queste partite. Una grande società, che sa scegliere, costruire, programmare e dare seguito. E allora quando ci saranno dei grandi tifosi? Perché troppo facile parlare di passione smisurata per il Napoli, quando poi non si è capaci di mettere nemmeno 60mila spettatori allo stadio per una partita contro il Liverpool (a San Siro ce n’erano 65mila contro lo Slavia Praga!). I napoletani chiedono e pretendono dalla squadra e dal presidente: ma loro (non i 50mila al San Paolo) quando daranno? Perché così è troppo facile parlare.
Deve dare subito invece la Juventus: a Madrid contro l’Atletico è già decisiva. Ecco perché: il gruppo della Juve propone insidie fastidiose ma ovviamente abbordabili contro Leverkusen e Lokomotiv Mosca. Ovvio che la sfida, non per qualificarsi ma proprio per il primo posto, sia con l’Atletico. E gli scontri diretti decideranno: non perdere al Wanda Metropolitano sarebbe una mezza ipoteca sul primo posto, diversamente tornare sconfitti costringerebbe alla vittoria a Torino, e se la disfatta dovesse essere larga, la stagione della Juventus potrebbe gettare allora a Madrid il seme della discordia. Perché arrivando secondi poi agli Ottavi si potrebbe pescare una inglese o spagnola, inviolabile nel proprio stadio. Può sembrare un discorso affrettato, ma pensate a quando nel 2016 si sottovalutò il secondo posto, e si finì per uscire agli Ottavi contro il Bayern di Guardiola…
A Madrid serve una intensità che la Juve finora non ha mai avuto nelle prime partite: partita di lotta, non di fioretto. E anche se hai le tue caratteristiche, da certe battaglie non puoi sottrarti.
E non si può sottrarre alla responsabilità l’Atalanta. Sì, proprio responsabilità: è vero, è il debutto, ed è tutto rose e fiori. Ma il sorteggio è stato un regalo del destino, una carezza verso gli innocenti della competizione. Tolto il City (che verrà in casa a Milano purtroppo alla quarta giornata, quando ancora non sarà matematicamente qualificato), contro la Dinamo Zagabria e uno Shakhtar indebolito l’Atalanta ha l’obbligo di qualificarsi. Non basta fare bella figura: è una occasione storica ma soprattutto propizia che potrebbe non capitare mai più. Il cielo ha messo le ali nell’urna di Nyon dell’Atalanta: e gli dei si arrabbiano con chi non utilizza le ali che gli sono donate…
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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