Si è presentato Pioli, ma soprattutto hanno parlato nuovamente Gazidis, Maldini e Boban, nella conferenza stampa del loro nuovo allenatore. Le speranze di
Pioli, i suoi buoni propositi, il suo modo di porsi e le idee che intende portare fanno sicuramente parte del suo mondo, del suo modo di interpretare la sua professione. E sono sicuramente in linea con le aspettative della società. Non sono in linea con quello che pensa la pancia di tanti tifosi del Milan, che vivono questo passaggio come l’ennesimo gradino prima di arrivare realmente in alto.
Starà proprio a Pioli smentire lo scetticismo sul campo, ma spetterà alla società riuscire a sgombrare il campo da qualsiasi equivoco. Ma non sarà facile. Perché i progetto targato Boban-Maldini è un progetto ambizioso, di alto livello e difficilmente realizzabile in un anno. Boban in conferenza parlava di risultati che non hanno rispecchiato quello che la società aveva in testa. È sicuramente possibile fare meglio di quello che è stato fatto finora (e lo auguriamo a Pioli), ma ridurre l’esonero di Giampaolo ai risultati è certamente riduttivo. E potrebbe essere anche dannoso.
La riflessione che il mondo rossonero ha fatto intorno a Giampaolo e a questi 110 giorni è stata sicuramente approfondita. Arrivare a licenziare un allenatore dopo una vittoria è sinonimo di impossibilità di continuare a lavorare insieme, al di là dei risultati quindi. C’è la convinzione, evidentemente, che questi gruppo di giocatori (anzi di questi giovani) possa fare molto di più. Nel presente e nel futuro, rispetto al passato.
Ma questo Milan - come ha fatto capire Gazidis - ha la necessità assoluta di riprendersi. E è costretto a bruciare le tappe. I rossoneri arrivano da 6 anni senza Champions, e questo rischia concretamente di essere il settimo. Tornare nell’Europa dei grandi attraverso il gioco e i giovani è tanto bello quanto difficile. Perché presuppone la necessità di dover azzerare in fattore tempo, che invece non può essere annullato. Chiunque ha bisogno di tempo per crescere: crescere bene e in fretta è un lusso, un’eccezione.
Il Milan è ripartito quest’estate per l’ennesima volta. È il terzo anno zero. Prima il Milan dell’ultimo Berlusconi, poi Galliani che doveva condividere (nell’anno del closing, dimenticando Mr Bee) i suoi passi con i futuri compratori, poi la stagione di Mirabelli e Fassone, con la proprietà cinese, infine Leonardo e Maldini, con Elliot, e poi quest’anno Maldini e Boban. Cambi. Tanti cambi. Di proprietà. Di dirigenza. Di allenatori (10 in questo periodo). Tanti soldi spesi (negli ultimi tre anni oltre 450 milioni, solo la Juve ha speso di più) e un disavanzo record di circa -325, sul mercato (tanto per fare un paragone l’Inter e la Juventus come bilancio fra entrate e uscite sul mercato hanno la metà, il Napoli circa -80, la Roma è addirittura in positivo). Senza riuscire a riprendere la Champions (sfiorandola la passata stagione) e portando a casa una supercoppa con Montella.
Tutti hanno provato a ricostruire, nessuno ci è riuscito, finora. Doverlo fare con un fardello sulle spalle è ancora più complesso. E a maggior ragione è necessario fare le scelte giuste in tutti gli ambiti. Se si vuole bruciare tempo, non bisogna sbagliare nulla. Oppure sbagliare il meno possibile. È successo questo al Milan?
Nessuno – a tutti i livelli – può avere la bacchetta magica e non si può pretendere da nessuno (a nessun livello) di risolvere d’incanto i problemi. C’è magari chi (attraverso l’esperienza) riesce a risolverli in meno tempo, ma sempre tempo ci vuole. In qualche caso serve anche la fortuna. La stessa Juve prima di iniziare il filotto di scudetti (con la “nuova” dirigenza) era transitata attraverso un settimo posto. O l’Inter che sta continuando un percorso iniziato proprio con Pioli, proseguito da Spalletti e ora in mano a Conte (e Marotta, come new entry in dirigenza). E serve anche una proprietà solida, con idee chiare e con un respiro a lungo termine.
Il Milan quest’anno aveva deciso di puntare sui giovani per ripartire ed ha la rosa più giovane della SerieA. Fra le prime 5 più giovani del BIG5. Neanche 25 anni di media.
Questo progetto evidentemente, finora, non ha avuto le basi solide per continuare ad essere supportato come sembrava, in luna di miele. Si interrompe il percorso, per divergenze parallele. Toccherà allora a Pioli fare in modo che le esigenze coincidano per dare continuità a all’idea.
Chi ancora non ha invece trovato una possibile soluzione ai suoi problemi invece è la Samp. Dopo la separazione da Di Francesco, Ferrero non ha ancora messo sotto contratto il nuovo allenatore. La scelta iniziale (visto che era in ballottaggio proprio con Di Francesco) all’inizio della stagione sarebbe stata proprio Pioli, ma le vicende rossonere hanno fatto cambiare i piani all’allenatore. E di conseguenza le strategie alla società. Che ha incontrato De Biasi, ha martellato Gattuso, ha parlato con Iachini e accarezzato Ranieri. Situazione dinamica, sempre in evoluzione. Quello che ora sembra in testa (De Biasi) potrebbe essere scavalcato dall’outsider (Iachini). Quello che ora sembra aver detto no (Gattuso) potrebbe cambiare idea e lasciarsi convincere da Ferrero. Di sicuro è vero che il tempo ce ne potrebbe essere vista la pausa della serieA, ma è anche vero che prima il nuovo allenatore riesce ad insediarsi meglio è. Inutile negare che in tutto questo la vicenda della cessione societaria ha avuto la sua parte, molto probabilmente anche nell’avventura, decisamente sottotono, di Di Francesco.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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