Una volta c'erano i Ministri senza portafogli, adesso ci sono Ministri senza pallone. E la cosa grave è che il Ministro dello Sport, in Italia, sia lontano anni luce dal calcio. Non puoi essere Ministro dello Sport senza conoscere le regole del calcio. Spadafora sarà anche un bravo politico, dubitiamo, sarà anche lì per meriti ma sicuramente la delega allo Sport stona, non poco. L'ultima gaffe, di una lunga serie in quarantena, è stata sabato sera. Convoca la maxi riunione con i vertici del calcio, li nomina tutti... ops, ne dimentica due fondamentali: Sibilia che rappresenta la serie D, quindi la maggioranza dei voti per le elezioni federali, e Ulivieri per l'associazione allenatori. Qualcuno lo chiama ad Afragola e gli ricorda della dimenticanza. Due ore dopo arriva l'aggiunta e siccome il partito del web usa molto la tecnologia, l'ufficio stampa del Ministro avvisa 120 giornalisti con un comunicato whatsapp. L'aggiunta due ore dopo, ricordando che ci saranno anche Sibilia e Ulivieri, ma siccome la tecnologia è infame c'è un noto giornalista che sbaglia chat e risponde nella stessa chat dell'ufficio stampa del Ministro Spadafora e non su quella della sua redazione. Insulti al Ministro e al suo staff. Apriti cielo! Champagne, per brindare ad un incontro... telematico ovviamente! Il Governo ha sbagliato tutto.
Non parliamo di politica e di sanità perché non abbiamo le competenze, anche se è sotto gli occhi di tutti come ci siamo ridotti e che numeri facciamo registrare. Primi al mondo. Nel calcio, però, abbiamo assistito ad un Ministro che prima voleva le partite in chiaro, poi ha detto che toccava alla Lega decidere l'interruzione del campionato, poi ha preteso lo stop e adesso vorrebbe dettare le linee guida per la ripresa. Il calcio deve ripartire. Quanti calciatori dalla serie A alla serie D sono in attività? Quanti hanno contratto il Covid? E quanti hanno avuto bisogno della terapia intensiva? Giusto seguire i protocolli ma, come è giusto che infermieri, medici ed operai abbiano svolto il proprio lavoro, sarebbe il caso che la terza industria d'Italia continuasse ad andare avanti. Con regole ferree ma bisogna continuare a vivere. Gli stadi vuoti è l'ennesimo controsenso. Apriamo bar e ristoranti, verso fine maggio, con locali piccoli e chiusi e non possiamo aprire gli stadi all'aperto con dimensioni enormi? Perché? Certamente non si possono aprire tutti i settori. Certo. Evitiamo gli assembramenti, ovvio. Ma in uno stadio da 50.000, 60.000 o 80.000 posti tenendo chiuse le curve che sono i settori di vero assembramento perché non possiamo vendere solo il 30% dei biglietti della capienza di ogni singolo stadio? Vedremmo spazi vuoti, certo, ma meglio che un intero stadio deserto senza un po' di rumore e tifo. Inoltre si salverebbero, parzialmente, anche le casse delle società. Tutti parlano dei bilanci dei club ma il vero problema è il cash flow e l'unico modo per produrre denaro liquido sono botteghini, diritti tv, negozi e musei, per chi li ha. Ci saranno gli steward a garantire che ci siano almeno due sediolini tra un tifoso e l'altro. Curve chiuse, aperti solo gli altri settori dello stadio. Il nostro Paese ha bisogno di normalità e soprattutto di fare una comunicazione corretta di quello che stiamo vivendo. Precauzione sì, paranoia no. Non dobbiamo arrenderci e non dobbiamo smettere di vivere, cosa che stiamo facendo.
Tre settimane fa, da queste colonne, avevo lanciato un'idea a proposito dei diritti tv e sono felice di aver letto sui giornali sabato mattina che in Lega ne stanno parlando. Per com'è andato quest'anno, anche se si dovesse riprendere il campionato, resterebbe il danno per le tv esclusiviste, quindi sarebbe opportuno un accordo tra Lega e Tv per allungare il triennio, in scadenza giugno 2021, di almeno un altro anno; significherebbe andare con i diritti al 2022, anno non casuale perché coincide con la seconda rivoluzione della tv dopo quella del digitale terrestre. Converrebbe anche alla Lega non far uscire il bando dopo un anno di serie A che si preannuncia a pezzi, per stadi semideserti o del tutto deserti e con l'immagine del campionato che perde valore (come tutti gli altri di Europa, certo). Il bando deve essere spostato al 2022 e, nel frattempo, qualcosa potrebbe cambiare, a partire dalla famigerata Legge Melandri, qualora ci fosse dopo Conte un Governo meno miope verso il calcio, capace di superare la visita oculistica quando gli mostreranno un pallone e non vedranno una pallina.
In chiusura, senza polemica, va fatta una considerazione sulla proposta della Lega Pro che sabato ci ha rovinato la cena. Per capire che fosse una proposta vera e non una fake news, vi giuro, ho dovuto fare due telefonate. Credevo fosse uno scherzo del web con carta intestata falsa. Dopo due telefonate mi è stata confermata la notizia. C'è poco da commentare: le prime tre vanno su, poi prendiamo la monetina, chiediamo alla serie B le retrocessioni ma blocchiamo le nostre verso la serie D e blocchiamo ripescaggi dalla D alla C. In 20 righe si sono imbestialiti tutti. Da Sibilia a Balata, fino a 150 presidenti di D e 57 di serie C. Le Leghe non possono uscire, singolarmente, con proposte senza aver saputo il parere federale e senza essersi consultate con le leghe del piano di sopra e il piano di sotto. Crediamo che più che una proposta si sia trattata di una provocazione e, soprattutto, non capiamo come su un comunicato stampa si possa chiedere di non far divulgare l'informazione. Nel 2020, quel comunicato dopo due minuti era su tutti i siti e su tutti i cellulari d'Italia. E ovviamente non c'è nulla di cui meravigliarsi.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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